venerdì 14 agosto 2015

L'ORA DI DIO


























Mentre stiamo gustando la nostra pizza al Lido, Giorgio si ferma, alza gli occhi e mi fa: «Ma ti chiedi mai se tutto questo ha un senso?» 
Ha percepito più distintamente il chiacchiericcio intorno a noi, la folla seduta ai tavoli, intenta a discutere di mille argomenti diversi mentre aspetta le pizze sgranocchiando grissini.
«Sì, mi rendo conto di questo, almeno 23 ore su 24».

Ti sei mai alzato nel cuore della notte - gli faccio - prova a svegliarti alle quattro e mezza e spalanca la finestra. Il cielo ha striature cobalto che graffiano il nero, le stelle a quell'ora spiccano come diamanti. Tutto è immerso nel più assoluto silenzio. Io la chiamo "l'ora di Dio". E' l'ora delle domande, e qualche volta anche delle risposte.
Sentirai, un quarto d'ora dopo, gli uccelli cantare chiassosamente, tutti insieme, come se fossero lampadine dell'albero di Natale e qualcuno li avesse accesi, collegandoli alla presa della corrente. 


Ma l'ora di Dio finisce lì, e subito il mondo timbra il cartellino del giorno che viene.

RACCOLTA DIFFERENZIATA


























Ogni tanto mi vengono delle pensate, non so dire se lampanti o stupidissime, comunque mi vengono. 

Stamattina, mentre scendevo le scale ingombra di sacchi di carta, vetro, plastica, lattine mi ripetevo:

Se carta e plastica sono materiali che io pago insieme al prodotto che acquisto (se poi la confezione è in carta goffrata su entrambi i lati, in pura cellulosa ECF, Bianco o Avorio, Vergata, Acquarello, Rustik, Scrapbooking, spessa 300gsm... sono già 20 euro/mq), e una volta scartato il prodotto io uso il mio tempo per separare carta, plastica, metallo e conferire i vari materiali nei luoghi appositi, perché dovrei pagare l'azienda comunale che se li porterà via per rivenderli alle imprese che poi li rimetteranno sul mercato?

Moltiplichiamo il lavoro di separazione dei materiali per cinquantamila cittadini, (anche solo dieci minuti al giorno: provate a suddividere certi eco-imballi a doppio strato dai biscotti o della pasta, a sradicare i tappi di plastica incollati ai tetrapack di succhi, latte, sughi di pomodoro, pressare le bottiglie vuote, appiattire scatole e cartoni, trasferire olii di cottura in altri recipienti e svuotarli nelle campane apposite, togliere finestrelle plasticate dalle buste di carta...) sono 750.000 minuti che fanno 12.500 ore di "lavoro" totali, 5 ore al mese a persona, cioè 60 ore all'anno. Questo tempo quotidiano "risparmiato" dal comune che raccoglie il materiale viene "guadagnato" dallo stesso nella vendita della plastica, carta ecc. 
D'accordo, a causa dei cittadini distratti e poco volenterosi c'è sempre del lavoro supplementare di rifinitura che va a carico del comune, i cittadini virtuosi però si trovano a pagare doppio: in ore proprie impiegate nel conferimento e in tasse di smaltimento e non sono molto soddisfatti. 
Proporrei una soluzione diversa e più motivante. 

Un metodo di raccolta "controllato" per carta, plastica e metalli, dove il cittadino virtuoso possa conferire la propria differenziata già separata alla perfezione. Al cittadino virtuoso andrebbero azzerate le tasse riguardanti i rifiuti solidi industrializzabili, oppure andrebbe gratificato con un compenso per quel materiale riutilizzabile che ha già precedentemente pagato con l'acquisto (e gli appartiene). Come succedeva anni fa, quando l'omino passava col carretto e pagava alle famiglie il ferro e il rame inutilizzato un tanto al chilo


Chissà se questa mia idea è una proposta balzana oppure ha un fondo di serietà?

giovedì 6 agosto 2015

L'ULTIMO NATO

Un Blog, due Blog, tre Blog, quattro, cinque...

Sto trascurando un po' troppo questo mio salotto pubblico, me ne rendo conto. Succede quando si vuole strafare... Ma amo tutti e cinque questi miei "figli" così diversi e non mi sento pronta ad abbandonarne nessuno.

L'ultimo nato è un Wordpress. 
E' nato da un progetto ben più grande e avrebbe dovuto essere un'altra cosa, ma si sa, le cose a volte si trasformano, vanno dove vogliono andare, e noi semplicemente le seguiamo.

Un progetto che nasce è sempre bellissimo, ma non per forza è vincente, spesso è al di sopra delle proprie possibilità. Poi goffamente si modifica, adatta le sue forme slanciate a quella stortura difettata che si pensava fosse un handicap e magari acquista una personalità nuova e interessante.
Il mio ultimo blog è nato proprio dai difetti e dai bastoni che la vita ha messo quotidianamente tra le mie ruote.  
Non posso fare a meno di amarlo, rappresenta il reale, la fatica, il tallone di Achille.

Con nuovi intenti potrebbe dare sorprese inaspettate. E crescere. Dovrò lavorare molto e ancora di più, questo lo so, ma non mi spaventa. 

Eccolo qui: www.cafecoworking.it

LASCIA ANDARE...



























L'ILLUSIONE DEL RECUPERO. 

Questo profondo attaccamento al recupero io non lo comprendo. 
Un abito vecchio che diventa camicia. 
Un telone di plastica che diventa borsa. 
Una bottiglia che diventa paralume. 

Secondo me anche le cose hanno il loro ciclo, come gli esseri viventi. Non è che quando sei vecchio ti ricompongono in un modo diverso e diventi un canguro. 
Muori - semplicemente muori - ti decomponi e ti dissolvi. Dopo centinaia d'anni - forse migliaia - sarai qualcosa d'altro. Una foglia. Un insetto. Un sasso. 
Anche per gli oggetti io la penso così. E' finito il tuo ciclo, ti sono grato di avermi accompagnato fin qui e ora ti lascio andare. Ti dissolverai e tornerai ad essere chimica. Magari dopo una bella raccolta differenziata. 

Le cose nuove profumano e sono gioiose come un neonato in famiglia. Portano sorprese e un lungo cammino da fare insieme. Le cose nuove hanno processi lunghi alle spalle e lavoro per molti. L'universo non rimette più in sesto ciò che è vecchio, non ha sentimenti di pietas. Ogni passaggio regolato dalla Termodinamica corre attraverso una esponenziale entropia per trasformarsi in qualcosa di assolutamente diverso.
Recuperare ciò che ha già avuto la sua storia è solo un lifting mal riuscito. Lasciamo andare... non lo sentite il vento leggero e struggente della partenza verso quello che non si conosce ancora?
Ha il suono soave di un canto. Lasciamolo andare...