mercoledì 15 aprile 2015

LEI, FACCIA DA VECCHIA


























In risposta a una lettrice che scrive a proposito dello smarrimento dell'ultima generazione, quella costretta ad affrontare l'ingresso alla vecchiaia in una società che celebra il culto della giovinezza, #Umberto Galimberti risponde tra le altre cose citando #Hillman:
"La faccia del vecchio è un bene per il gruppo. E per il bene della società bisognerebbe proibire la chirurgia estetica e considerare il lifting un crimine contro l'umanità".

Mah. Penso io. «Più apatheia per i vecchi?»
In famiglia non ho ricevuto un'educazione tendente al lezioso (ho già detto che a nove anni mi facevano fare riassunti sui testi di Karl Marx...) eppure quando guardavo mia nonna da vicino - una nonna adorata - notavo subito le palpebre cadenti sopra i meravigliosi occhi bigi e mi chiedevo con vera apprensione: «Oddio, non verranno anche a me?»

Penso che l'attrazione per il bello sia connaturata alla nostra specie, un propulsore all'azione vitale. Stacchiamo istintivamente la mela dal ramo, difficilmente raccogliamo quella avvizzita tra l'erba. (Ovviamente nella pura sopravvivenza si raccoglie anche quella).
Di per sé la bellezza esplica la funzione di attivare "desiderio" è quindi necessaria principalmente allo scopo riproduttivo e una volta concluso il processo, bam, se ne va. Però la tensione verso il bello rimane potente, immaginifica, ridondante di sensazioni positive eppure tradita dalla vecchiaia: la gioia è perduta proprio nell'età della sua piena consapevolezza. (Chi non ha esclamato rivedendosi nelle vecchie foto: "Guarda che meraviglia... e credevo di essere brutta!")
Perché la bellezza è puro piacere. Se no, per quale scopo avrebbero inventato il profumo? Non bastava il sapone?

La bellezza è anche in un sorriso. Non si rimprovera una settantenne per essersi rifatta gli incisivi a imitazione di Julia Roberts, ma di aver spianato le rughe sì. Perché? «Perché la masticazione è fondamentale», diranno in molti. Eppure io sono convinta che anche il boom di apparecchi ortodontici c'entri relativamente con la funzionalità, e che la motivazione principale rimanga soprattutto l'obiettivo estetico. Credo che questo desiderio non si debba demonizzare troppo, anche questa è una forma di comunicazione. E' vero che è rassicurante avere in casa la nonna dei biscotti Doria, ma è anche vero che "vedersi bene" facilita le relazioni, la disponibilità verso il prossimo e il coraggio delle azioni. Certi talenti naturali non ne hanno bisogno, (magari risplendono già per intelligenza, bravura o saggezza) ma, diversamente da Hillman c'è il resto del mondo che arranca per andare avanti, gente comune cui basta "vedersi bene" per dare un senso al giorno che verrà.
La nonnina dei biscotti Doria questo problema estetico probabilmente non se lo poneva proprio: nel secolo scorso era già un traguardo oltrepassare i settanta. Ma era forse meglio?

IO CREDEVO, IO PENSAVO.

C'è un fattore comune che mi infastidisce un sacco, e ribadisco mi infastidisce un sacco. 
Quello delle scelte fatte così. 

"Ma dai, ci pensiamo dopo". 
"Vedrai che poi cambierà". 
"Intanto cominciamo e poi si vedrà". 

Decisioni più che legittime - intendiamoci - a patto che non si concludano con l'inevitabile  «Ah, ma io credevo... io pensavo». 
Odio a morte questa frase. E' la giustificazione dei profittatori. Quelli che non si curano delle conseguenze e se possibile le scaricano sul primo che passa. Categoria di voltagabbana e portaguai. 


"Ma dai, ci pensiamo dopo" comporta il fatto che, se va male, te la metti in saccoccia e tiri dritto dicendo: «Ok, avrei dovuto pensarci prima, è solo colpa mia». Non cadi dal pero con lo sguardo smarrito in cerca di qualcuno che ti risolva il problema. 

C'è un bivio ad ogni passo nella vita e la scelta è tua. Prenditi la responsabilità delle tue azioni: sulle tue scelte non puoi più recriminare.