domenica 23 giugno 2013

ITALIAN STYLE: LE DUE FACCE

Sono ferma davanti allo scaffale. "Prendo? Non prendo?"
Potenza ansiogena dell'informazione. Dieci, quindici anni fa non avrei avuto tutta questa responsabilità. "Il pesce sarà contaminato dal piombo? L'abbattimento anti-larva l'avranno eseguito a dovere? La mozzarella sarà blu? O l'avranno fatta con cagliata surgelata della Bulgaria, magari? E con il botulino, come la mettiamo? Quasi quasi salto il pranzo, tanto #Umberto Veronesi ha detto che il digiuno fa bene".
Sono arrivata perfino a diffidare di me. Le ciliegie che ho preparato sotto grappa le ho portate in analisi dalla mia amica Tiziana, esperta e fidatissima in materia di conserve. Le chiesto: "Annusa tu, dimmi se sono buone. Ah, ci ho messo anche un cucchiaino di zucchero sei mesi fa... avrà alterato la gradazione? Attenta ad aprire il barattolo!" Mi ha guardato con la dovuta commiserazione: "Perché, esplode?"

Non sono proprio un modello rappresentativo della società rurale italiana, è una malattia di famiglia, noi siamo peggio degli inglesi. Se mia sorella portava a casa un pulcino e diventava una gallina, nessuno pensava di mangiarsela: le davamo un nome e girava col gatto di casa. Mia cugina, addirittura, si è presentata dal veterinario col gallo malato in braccio. La diagnosi è stata drastica: brodo.

L'altra sera ho visto un reportage che riguarda un pezzo d'Italia dalla bellezza abbagliante: il Cilento. Come sempre vengono messi in rilievo i tratti negativi di quel territorio (sì, ce ne sono abbastanza), ma è talmente sistematica la cosa, che l'indignazione prende la piega dell'indifferenza. Si parla di un terreno ridotto ad essere una stratificazione di rifiuti tossici, un olocausto ambientale di smaltimento illegale... tutto questo a un passo da quella meraviglia che è Paestum. Mi sento però di fare l'avvocato del diavolo: 
il Nord Italia può davvero puntare il dito? I rifiuti smaltiti in Campania partono da qui. Ma la verdura dei nostri supermarket proviene anche da quei territori: entra dalla finestra quello che abbiamo appena buttato fuori dalla porta. Certo, esiste al sud una piaga biblica di inerzia e complicità, quella rassegnata indolenza che ha nutrito i parassiti della criminalità e di chi ha ruoli istituzionali. Ma per uno che vende, c'è sempre uno che compra. 
E quassù... tutti santi? Macché, la mentalità del furbo contagia presto, 26 indagati anche a Nord Est: vendevano tranquillamente latte contaminato da aflatossina mescolandolo con latte sano. E per rifinire l'opera il trasportatore truffava i truffatori, prelevando due terzi di latte per rivenderlo ad altri e annacquando il rimanente. D'accordo, sono casi isolati, perché se non lo fossero, che fine farebbero le tradizioni alimentari che ci contraddistinguono? I cinesi potrebbero fare un Parmigiano con il latte di capre asiatiche. Gli americani è da un po' che cercano di imitarlo, ma si illudono... il sapore è lontano anni luce dall'originale. 

Voglio dire: le cose migliori che abbiamo, teniamole come gioielli preziosi. Non c'è paese al mondo dove trovare una varietà di paesaggio, di cultura, di sapori, di ospitalità come l'Italia. Se impariamo a rifiutare la falsa bellezza in nome del facile guadagno, noi stessi (e l'intero Paese) ne guadagnerà. 


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