venerdì 28 febbraio 2014

LA CITTA'



























 La crisi trasforma la città.
Percorro via Roma: prima c'era Ugo Caòn (le scarpe), Canton Colori (belle arti), l'erboristeria della mia amica Daniela, Boranga con le luminose vetrine di begli abiti e l'arredo-casa più prezioso. 


Ora nel giro di cento metri c'è una banca (la BCC), una vetrina vuota, tre vetrine ricoperte di carta bianca, un'altra banca (Popolare di Vicenza) e un'altra banca ancora (Credem). 
Quale denaro gestiranno queste banche, ora che i negozi e le fabbriche chiudono come per contagio? Nel giro di tre anni lo spazio del commercio si è completamente svuotato.
Per di più, non so se è effetto della tristezza, l'illuminazione mi sembra fioca, camminarci fa paura. Sarà forse una scelta dell'amministrazione comunale a favore del taglio dei consumi, ma è veramente inquietante attraversare alle sei di pomeriggio questa strada un tempo luminosa. 

La metamorfosi è quasi completata, la farfalla di un tempo è regredita allo stato di crisalide, fragile, pallida e bruttina. 

lunedì 17 febbraio 2014

À rebours!



















Anni fa - parecchi anni fa - percorrendo quelle magnifiche foreste che si estendono tra la Bourgogne e il Centre per chilometri e chilometri, continuavo a stordire il mio compagno di viaggio ripetendogli come un disco rotto: "io qui ci sono già stata". 
E ancora prima, forse intorno all'età di otto/nove anni, aspettavo con ansia l'unico feuilleton/TV che riuscisse a distogliermi dalle mie pomeridiane faccende bambinesche: l'âge heureux. 
 
Cosa ci trovassi di magico in quell'ambiente d'oltralpe non lo sapevo proprio, dato che non c'ero ancora stata, il fatto è che sentivo qualcosa attirarmi proprio là. Poi, dopo aver visitato la Francia in lungo e in largo, e averla molto amata, ho casualmente scoperto che lo strano cognome del trisavolo materno era indiscutibilmente francese. Insomma, c'era una percentuale di sangue gallico nelle mie vene, ecco il motivo di tanto trasporto. 


 Pensavo fosse finita lì. 
Ma per quel meccanismo affascinante che va sotto il nome di serendipità, ho rivisto dopo molto tempo una anziana zia, del ramo paterno questa volta, una di quelle rare persone quasi centenarie che, per benedizione divina o genetica, riescono a ricordare tutto con lucidità infallibile. È quasi impossibile, per qualsiasi individuo, ascoltare reportages di vita vissuta risalenti a centocinquanta anni prima, eppure a volte accade ed è magnifico. Sembra di viaggiare nel tempo, improvvisamente siamo anche noi presenti lì, negli stessi posti, nel 1860 e ci rendiamo conto di cosa si intende quando si parla di quarta dimensione. 

 Ci sono rivelazioni che prendono da sole la strada che devono  e anche in questa ascendenza paterna compare una trisavola dal cognome francofono, e una ristretta comunità di consanguinei che vive tra le amene colline del Prosecco italiano.
Ricerca veloce:... c'est tout! Ce nom de famille est certainement français! Ecco che la percentuale di sangue gallico sale
tout court a 1/8! Quindi l'aspetto psicoaffettivo che mi faceva comprendere il francese scritto, pur senza conoscerne una parola, è forse svelato?

 Poi ci stupiamo delle nostre "paure ancestrali" e dei blocchi irrisolti che a volte ci impediscono di fare alcune cose, o magari ci permettono di farne altre che credevamo impossibili...
Quante altre vite ci portiamo addosso inconsciamente! Non è forse magnifico? E c'è ancora gente che teme di morire, con l'idea che finisca tutto lì... 


 À rebours, à rebours! 

Altri miei post precedenti sul tema: 

AH, I MORTI NON RESTANO MAI MORTI.
LE QUATORZE JUILLET, FÊTE NATIONALE!

martedì 4 febbraio 2014

Il Principe Lucanio Della Carrozza



























 {CASE HISTORY N°3} 

«Buongiorno avvocato **** io sono la grafica, ci siamo sentiti ieri al telefono».
- Ah, sì! Venga, venga! Scusi il terribile disordine sa... prego, si accomodi lì,
scavalchi pure i libri sul pavimento... Dunque senta, ho voluto farla venire qui perché mi hanno parlato bene di lei e forse potrebbe aiutarmi...
«Dica pure».
- Mi ascolti... io avrei bisogno di riprodurre qualche disegno. Li sa fare i disegni?
«Illustrazioni dice? Credo proprio di si».
- Ma intendo: quelli con molti colori, quelli bombati con le sfumature... li sa fare lei?
«Vuol dire con effetto tridimensionale? Beh sì, sono anche illustratrice, non dovrebbero esserci problemi. Di che si tratta?»
- Ora le faccio vedere, vede questa foto?
«Sì, mi sembra un arazzo francese...»
- Me lo può disegnare uguale? Proprio così com'è, solo che ci vorrei due giaguari al posto dei leoni.
«Deve farci un logo?»
- Cosa?
«Vuole realizzare un logo aziendale? Un marchio, intendo...»
- Sì, il mio.
«E' per il suo studio legale? Dovremo stilizzarlo allora...»
- No, no, non voglio stilizzarlo, io voglio che si veda tutto bene, la frutta, le alabarde e anche la pelliccia con tutte le macchie. Lei sa fare la pelliccia del giaguaro?
«In che formato lo vorrebbe?»
- Più o meno grande così. E i tendoni dietro il trono: devono essere damascati. Rosso carminio.
«Devo avvisarla che una volta ridotto sarà molto difficile distinguere la lavorazione damascata».
- Perché dice?
«Beh, la dimensione di un logo per l'immagine coordinata arriverà a due, tre centimetri al massimo».
- E perché, non si vede? Io la vorrei come se fosse una fotografia... ma lei è capace di farla come una fotografia?
«Vorrebbe un'immagine Iperrealista?».
- Come una fotografia, che si possa stampare molto grande, un metro o due, e spedire anche come allegato Word.
«Quindi un'immagine vettoriale di base, che verrà ottimizzata per dispositivi web...» 
- E poi ci vorrei le mie iniziali.
«All'interno del logo?».
- Sì perché, vede, ho fatto fare una ricerca araldica e ho scoperto di avere un'ascendenza diretta con un importante casato di principi.
«Interessante! Ha incaricato un archivista storiografo?»
- No. Un centro di elaborazione anagrafica, su internet. Non costa molto.
«Ah. E questo sarebbe risultato essere il suo blasone familiare?»
- No. Il blasone me lo progetto io, perciò voglio sostituire i leoni con i giaguari.
«Ah capisco. Beh, posso realizzare uno stemma con le caratteristiche che lei richiede, comunque è un incarico impegnativo, necessita di molti dettagli e varie fasi di lavorazione».
- Intanto può farmi subito una prova veloce con Photoshop? Vorrei vedere prima come viene...
«Guardi avvocato, le faccio un preventivo e glielo inoltro in settimana, va bene?»
- Un "preventivo"? Non saranno più di 200 euro, vero? Anzi, potremmo suddividere l'importo in due tranches ...le firmerò due PAGHERO' da 100 euro: uno alla consegna, e il saldo a 60 giorni. Cosa dice... le sta bene?

domenica 2 febbraio 2014

CHI SI ACCONTENTA GODE... COSI' COSI'




















Molti confondono la felicità con la rassegnazione.
Dicono che la felicità è desiderare quello che si ha. Ciò in parte è vero, ma questa condizione procura una gioia temporanea, in quanto l'essere umano è di per se' "desiderante". Troverà in breve qualcos'altro da chiedere, a meno che non provveda a esercitare una forzatura conscia su se stesso. Alcuni portano a esempio i monaci tibetani, quei saggi che con la conduzione del pensiero raggiungono uno stato di beatitudine assoluta. Meraviglioso, lo vorrei anch'io!
Ma siccome sono uno spirito anarchico (nei miei stessi confronti) penso che tutto quello che viene ricercato, incanalato e condotto non sia esattamente ciò che si definisce gioia


Si dice anche: "la felicità arriva quando non la cerchi".

E molto spesso è vero, ma non è un grande affare, perché la vera gioia sboccia quanto ciò che desideri arriva nel momento esatto in cui lo vorresti. La felicità di quel momento è veramente esplosiva. Talmente potente che quando finirà potrai continuare ad attingere al suo ricordo e ti darà ancora un po' di euforia. 


Porto un banalissimo esempio che mi viene in mente. 

Sono una bambina di dieci anni e - facciamo un'ipotesi - desidero tantissimo un paio di pattini, per divertirmi l'inverno sul laghetto dietro casa. Guarda caso alla fiera del paese c'è una lotteria di beneficenza e sullo scaffale più alto vedo luccicare le lame di un magnifico paio di pattini. Compero fiduciosa una decina di biglietti, ma purtroppo vinco soltanto un set di spugnette per la cucina.
Ci ritento l'anno successivo e quello dopo ancora, ma non vinco nulla.

Sessant'anni dopo compro ancora dei biglietti, perché ho visto un fiammante rasa-erba in palio, e mi servirebbe proprio. Esce il mio numero e mi aggiudico... un bel paio di pattini.
Certamente sarò contenta di regalarli alla mia nipotina, ma l'emozione di quel momento sarà assolutamente diversa. 


Ecco, il pensiero positivo aiuta ad affrontare con spirito le situazioni impreviste della vita, ci fortifica e ci rende più nobili. La gioia però rimane qualcosa di ineffabile, immateriale e quasi divino, uno di quegli aspetti (anche un po' sleali) dell'esistenza che giungono raramente o forse mai, ma in nome dei quali, nell'attesa dell'ipotetico incontro con la fata turchina, saremo portati a stringere i denti e non mollare mai, perché chissà, forse domani...