giovedì 6 giugno 2013

LA POLITICA MASTERCHEF

Circondati su tre lati dal mare, con un territorio disseminato di laghi, colli, vette e pianure lungo mille chilometri, l'Italia e gli italiani non potevano che essere dei poliedrici per antonomàsia. Sanno fare di tutto, parlare di tutto e all'occorrenza, saltare di palo in frasca con abilità funambolica
Stamattina, durante uno scambio di opinioni tra esponenti politici locali e radioascoltatori, l'argomento della discussione è magistralmente mutato, virando dal tema risolutivo per il debito pubblico a quello alternativo per un pesto al battuto di rucola. Se mi chiedete di ricordare quale sia stato il motivo della rotazione assiale, non ve lo so dire: tale era la fascinazione per la capacità di  trasformismo, che mi sono trovata ignara nel punto di non ritorno.
Una volta a casa, ho voluto subito mettere in atto questa nuova ricetta strategica, anche se la lista degli ingredienti era stata fornita
all'italiana, senza specificarne le quantità. (Ci perdoni la cancelliera Merkel). Comunque avevamo il metodo: miscelare pinoli, rucola, Parmigiano, sale e olio extravergine e frullare tutto nel mixer (chiediamo venia anche al patron di #Slow Food, #Carlo Petrini, che avrebbe suggerito il mortaio di marmo col pestello di legno), quindi sbollentare un mazzetto di asparagi verdi in abbondante acqua salata e infine cuocere gli ziti, o i bucatini, nel liquido di cottura degli asparagi. Scolare al dente, mescolare la pasta con il pesto, spadellarla al fuoco quel tanto che basta ad amalgamare il tutto e servire caldo. Risultato?
Beh, mettendo in luce le risorse del Bel Paese, pur mancando le dosi precise la ricetta si è rivelata una vera specialità. 

Cosa fare poi degli asparagi precedentemente bolliti? Che ne so, fate voi! Come per tutte le spese inutili dello Stato, anche questo non è stato detto, ma da italiana doc ho prontamente gestito l'emergenza, sfrittellando un paio d'uova come accompagnamento. È meglio 'na bona pezza ca nu brutto pertuso. Uè, uè, paisà'! 

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SE L'ABITO NON FA IL MONACO

In alcune persone molto devote, l'immagine di Gesù nella veste di rivoluzionario (Post precedente) ha destato sconcerto. È sembrata un'immagine irrispettosa, quando non dissacrante.
Ho una considerazione molto alta dell'esempio cristiano, diversamente da quello cattolico che opera talvolta per vie traverse e sotterranee. Credo che Gesù abbia rivestito più di qualsiasi altro la figura del rivoluzionario, con un pensiero dichiaratamente controcorrente e lontano da ogni forma di corruzione, interesse, opportunismo sia passato che presente.
Spesso lo sguardo moralista dimentica che anche un candido santino appare come una rappresentazione di idolatria e di paganesimo, alle correnti religiose rigorosamente aniconiche.
Questo accade perché tutto quello che si discosta dall'esempio di educazione ricevuta provoca allarmismo, come ho già accennato a proposito delle rassicuranti abitudini.
Anche la figura di #Don Gallo, ampiamente celebrato dopo la scomparsa, con la sua dichiarata vicinanza alle forme più equivoche dell'emarginazione è stato una presenza molto scomoda agli occhi delle gerarchie ecclesiastiche. Eppure seguiva l'esempio rivoluzionario del Cristo. 

Quell'immagine rivoluzionaria, dunque, è un'opera di creazione non offensiva, perché esprime una visione popolare e sociale ed è quindi una libera espressione di vedute e di sentimento. 

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