venerdì 12 settembre 2014

UN'ESTATE CON GLI STIVALI

























Quando il cielo è ostinatamente color acciaio anche a Settembre, in questa estate niente affatto riconoscibile come "Estate Italiana", quando sei ancora in attesa che accada qualcosa di sorprendente e ti incaponisci a indossare T-shirt bianche e sandali infradito anche se la pelle si increspa dai brividi, a un certo punto ti assale inevitabilmente un certo che di frustrazione. Ti senti in credito dei tre-quattro mesi di luce che servono da cuscinetto per affrontare quello che verrà. La vitamina D non si forma, nonostante i polpettoni di ottimismo che ci vengono somministrati a oltranza dai guru della felicità. E anche se fosse possibile attivarla per mezzo di un pensiero autoimposto resterebbe un misero succedaneo, come la solita pillola di integratori. Allora metterei il famoso guru davanti a un piatto di spaghetti allo scoglio e nell'altro piatto gli indicherei una bella pilloletta rossa, dicendogli: "Scegli. Il risultato è lo stesso. Fai emergere la felicità dalle tue papille gustative col pensiero".

Luce, vento caldo dell'estate, si diceva.
A questo punto, arresa e incrudolita, indosso la felpa.
E cosa resta da fare se non ripescare dai ricordi quei cinque-sei giorni di sole rubati alle nubi?
Perciò mi lascio trasportare dalla sinestesia di un odore, quel sentore forte che impregna ogni vico di Genova parallelo al porto, per esempio. Budelli di pietra dai nomi evocativi e nostalgici, Via del Campo, Vico di Untoria, strettoie dove il sole non riesce a penetrare neanche al rintocco del mezzogiorno, ma la vita penetra eccome.
Il lungomare del porto vecchio, dove fermarsi ospiti di un oste un poco ruvido per un galvanizzante piatto di trenette al pesto, proprio come le faceva la zia Adua a Bocca di Magra, con la patata lessa e i fagiolini nell'acqua di cottura, e per secondo la cima alla genovese, lenta, laboriosa, antica.

E che dire della salita degli artisti, che si inerpica in alto a Santa Margherita.
Trovi sempre una signora elegante in abito bianco e doppio filo di perle che si ferma a chiacchierare col suo cane: "Pensa come un cristiano, gli manca solo la parola".

E poi oltre, ancora più a ovest, direttamente in braccio al blu del cielo e del mare aperti alle calanques: bienvenue à bord! 
Ora posso anche percepire sotto i piedi le alghe nere seccate tra le distese di sassi sberluccicanti, il benessere del salso sulla pelle, l'intensità della resina che apre il respiro, il fragore secco dei ciottoli che si staccano dalle pareti di roccia e rotolano giù. 

Adesso sto quasi meglio.

Perfino un pavido raggio sembra farsi largo tra la massa dei nembocumuli, supera come una freccia i vetri costellati di gocce e si ferma sulla mia scrivania. Luccica solitario e irridescente che a vederlo quasi mi commuove. 
(Giorni liguri - Foto)  (Giorni  sur la côte d'azur - Foto)